Il risveglio somestesico

Sono nel tempo dell’attesa che si attivi il corso del Risveglio terapeutico dell’arto inferiore. Un’attesa un po’ speranzosa e un po’ inquieta. La speranza che il progetto di una terapia integrale del corpo sofferente possa essere compreso dalla comunità dei fisioterapisti. E l’inquietudine legata all’impressione di un ambiente che sembra non farsi toccare dalla sfida.

In questo clima di attesa ambivalente, vissuta come occasione propizia per l’insorgere di una tensione riflessiva, penso al senso del Risveglio come momento sorgivo di un’esperienza in cui il corpo si fa fenomeno a se stesso, e in intima connessione al suo spazio di relazione.

Il risveglio è innanzitutto il corpo vivente che si risveglia a se stesso, come a dire un “eccomi” che riemerge dal buio nascosto dell’indifferenza a sé. Un “eccomi” che non è semplice constatazione di una presenza, ma un “presentarsi a …”: a chi o a che cosa?

È qui che il tema del risveglio somestesico nell’esperienza terapeutica si rivela come una metafora molto pertinente. Ogni volta che mi sveglio al mattino, sento che c’è attorno a me il mondo che mi guarda e mi attende, un nuovo giorno che è pronto a prendere vita con me. Svegliarmi equivale subito a entrare nel legame primario con queste realtà cui sento di appartenere completamente e ritmicamente. Realtà che mi richiamano per mettermi nuovamente in gioco. Il risveglio è già una relazione.

Allo stesso modo, quando un luogo del corpo dimenticato e sofferente si risveglia nell’esperienza terapeutica, dice “eccomi” in quanto si presenta a un ambiente intimo con cui si pone nella disponibilità di una relazione, e a sua volta questo ambiente lo richiama alla relazione. Se il luogo che sperimenta il risveglio è il piede, l’ambiente intimo che lo risveglia e lo chiama alla relazione sarà il terreno su cui appoggia, ma anche il ginocchio che esplora lo spazio lì vicino a lui, o il tronco che lo cerca attivamente. E una volta svegliato, il piede è chiamato a giocare in differenti modi nella relazione con il terreno, il ginocchio, l’anca, il bacino, il tronco, il capo, le mani.

Si instaura così una esperienza somatica fondata sulla relazione estetica fra le parti, dove si condividono qualità tonali specifiche e diffuse, dove ogni luogo è un intero-di-senso a sé, pur sentendosi parte di un intero di senso più comprensivo. Ogni percezione del corpo riconosciuta in quanto fenomeno estetico è fin da subito espressione dinamica e affettiva di una qualità tonale del corpo attivamente proteso in un gesto di relazione.

La dimensione estetica dell’esperienza terapeutica (terapeutica in quanto già in sé generativa di un cambiamento favorevole sul piano del sentire) è come un fiume in piena che tende a oltrepassarsi, instaurando relazioni di senso verso altre dimensioni dell’esperienza in cui si riconosce l’esperienza umana. E nella misura in cui queste dimensioni-altre (scientifica, esistenziale, simbolica) riescono a riconoscersi tutte nella loro genesi (risveglio) e anima (nucleo) somatica, e a loro volta stimolarla e rinnovarla, possiamo concepire la circolarità vitale e integrale di quel processo di cambiamento che chiamiamo esperienza terapeutica.

01. GT arto inf risveglio – programma 2016

Integrazioni ed espansioni

È appena finito il corso “La coordinazione integrale dell’arto inferiore”, svoltosi il 5 e 6 marzo 2016, secondo corso dedicato all’arto inferiore dopo “Il risveglio terapeutico dell’arto inferiore” dell’autunno scorso. Il nucleo centrale del corso sta nell’idea dell’integrazione come funzione di sintesi fra i diversi piani che offrono un senso disponibile per l’esperienza dei problemi degli arti inferiori.

Sono consapevole del fatto che la parola “integrazione” usata con troppa facilità rischia di risultare abusata e retorica, e in fin dei conti vuota di reali contenuti al di là di facili commistioni. Per cui c’è da interrogarsi seriamente su che cosa e come integrare. La domanda su “che cosa integrare” chiama in causa i diversi piani costitutivi dell’esperienza dell’arto inferiore. In particolare i piani considerati nella mia prospettiva sono la chinesiologia, l’estetica e la simbologia. A molti terapisti i due ultimi piani risulteranno indubbiamente estranei, non riuscendo a comprendere quale attinenza essi abbiano per la riabilitazione.

Ma per un terapista che abbia cominciato a sensibilizzarsi verso un’esperienza terapeutica centrata sul sentire somatico, l’estetica risulta già una dimensione di senso più che pertinente, necessaria per poter parlare a tutti gli effetti di esperienza terapeutica. L’estetica dell’esperienza terapeutica consiste nel vivere consapevolmente il corpo come fenomeno somestesico, dinamico e affettivo, nella sua relazione situata con le presenze dell’ambiente in cui vive. Quindi è l’estetica del corpo vivente nel mondo della vita, con le sue possibilità e le sue sofferenze, a costituire l’avvio e il centro esperienziale della terapia.

L’estetica terapeutica instaura allora una prima forma di integrazione con le scienze di base, in particolare con la chinesiologia considerata come il fulcro per una considerazione razionale dei problemi del corpo e del movimento. Durante il corso la chinesiologia, con le sue rappresentazioni di omini stilizzati attraversati da linee vettoriali, ha rappresentato un passaggio significativo per presentare i dinamismi nelle fasi del cammino, e in particolare gli schemi di adattamento nelle fasi del passo anteriore e del passo posteriore. Ma questi schemi sarebbero destinati a rimanere regole astratte se non facessero i conti con l’esperienza somestesica del corpo che si dispone nel contatto vivo con il terreno e con lo spazio circostante. Qui il sentire somestesico si pone in dialogo costante con le leggi della chinesiologia, da un lato per verificarle, dall’altro anche per sperimentare qualità percettive che esorbitano dalle attese teoriche, dando luogo a esperienze originali e finemente variabili. In ogni caso comunque la razionalità chinesiologica e la sensibilità estetica possono sposarsi, per cui nella riflessione chinesiologia prendono corpo le tensioni del sentire, e a sua volta nel dinamismo espressivo dell’esperienza estetica prendono forma campi di forze dotate di intensità e direzionalità.

L’altra integrazione è fra l’estetica e la simbolica. Qui l’estetica del sentire corporeo tende a trascendersi in temi e motivi simbolici che prendono spunto dalle più svariate fonti: il linguaggio metaforico, il pensiero mitologico, le opere d’arte, il percorso esistenziale personale. Il simbolismo si rivela già nelle metafore sottese alle parole che esprimono i Gesti. Ad esempio Radicarsi e Crescere nel loro insieme esprimono il senso di appartenenza e di libertà, come direzioni opposte e complementari che caratterizzano la condizione umana come “essere fra la terra e il cielo”. Ricco di spunti in questo senso è stato il gesto del Rivolgersi, accostato ai dipinti “La Fortuna” di Rubens (la spirale del rivolgersi ascendente), “L’annunciazione” di Botticelli (la svolta e le tendenze contrastanti interne), “Venere e Adone” di Tiziano (rivolgersi come torsione desiderante dell’incontro nel tempo che unisce e separa), “Atalanta e Ippomene di Guido Reni (rivolgersi come convogliarsi su un punto che fissa o come espandersi verso un traguardo aperto). In tal modo il sentire smette di autocompiacersi, e si trascende per diventare forma simbolica, per farsi tema dell’esistenza umana personale, con le sue memorie, i suoi progetti, e le forme di trascendenza che l’attraversano da un capo all’altro dell’avventura vitale.

Anche il cammino, una volta liberato dall’idea fissa della normalizzazione, si riscopre al proprio interno come un susseguirsi di gesti che chiedono solo di essere esplorati e rielaborati liberamente, espandendo le proprie possibilità espressive, come abbiamo avuto modo di sperimentare nelle ultime ore del corso. In tal modo il cammino si fa simbolo pregnante della condizione umana e dell’indagine esplorativa, e in quanto tale può essere assunto esplicitamente dall’esperienza terapeutica, e non solo. Come quando, nella sera fra le due giornate del corso, ho sperimentato con due amici una speciale forma di cammino espansivo a braccia aperte come ali.